Di fronte alle tragedie, ai disastri naturali ed alle sofferenze, è naturale, per ogni essere umano, chiedersi: perché Dio permette che accadano cose brutte? Perché non ha creato un mondo perfetto?
Questa domanda accompagna l’umanità dall’antichità fino ai giorni nostri e ci invita a riflettere sulla nostra fede e sulla nostra prospettiva.
La vita come opportunità di crescita

La chiave sta nel comprendere che questa vita non è un incidente o un errore di Dio, ma uno spazio progettato per imparare, scegliere e crescere. Secondo la dottrina della Chiesa, il nostro mondo imperfetto ci permette di esercitare il dono più prezioso che abbiamo: il libero arbitrio.
Nel libro “Perla di Gran Prezzo”, nel 6 capitolo di Mosè, il versetto 56 dice:
“Ed è dato loro di distinguere il bene dal male, pertanto agiscono in piena libertà, e io ti ho dato un’altra legge e un altro comandamento.”
Dio ci ha dato la capacità di agire da soli e non solo di reagire. Senza sfide, sofferenze o opposizione, non potremmo sviluppare il carattere o approfondire la nostra fede.
Un mondo perfetto non sarebbe stato adatto allo scopo pianificato da Dio.
Cosa ci insegna la sofferenza

La sofferenza non è buona in sè, ma poiché, in quanto tale, ci aiuta ad accrescere virtù uniche:
- Compassione e servizio: disastri e tragedie ci mostrano la generosità umana e ci ispirano ad aiutare gli altri.
- Fede e resilienza: i profeti, l’apostolo Paolo e perfino Gesù hanno affrontato la sofferenza e, attraverso questa, hanno insegnato che le avversità rafforzano il nostro spirito.
Il presidente Spencer W. Kimball disse:
“Se il Signore avesse impedito queste difficoltà, avrebbe limitato la nostra crescita. Lo sviluppo eterno richiede impegno, prove e apprendimento.”
Il dolore degli innocenti e l’esistenza del male
La sofferenza dei bambini o delle persone che non possono scegliere è particolarmente difficile da comprendere. Qui entra in gioco un principio fondamentale: la nostra prospettiva è limitata. Ciò che ora sembra ingiusto può, nel piano eterno, avere uno scopo che trascende la nostra comprensione.
Da un lato, ad esempio, abbiamo un consenso preterreno. Prima della nascita, i nostri spiriti hanno accettato i rischi della mortalità, sapendo che le ricompense della crescita, dell’amore e della resurrezione avrebbero superato qualsiasi sofferenza temporale. Inoltre, esiste una compensazione divina. I bambini che muoiono prima di raggiungere la responsabilità morale vengono redenti e ricevono la gloria celeste, un bene che supera di gran lunga il loro dolore temporale.
D’altra parte, la libertà di scelta implica che altri possano usare il loro libero arbitrio per fare del male. Crimini e abusi non sono volontà di Dio, ma piuttosto conseguenze della libertà umana. Proteggere tutti da ogni male significherebbe eliminare il libero arbitrio e ciò andrebbe contro il piano divino di felicità e crescita.
Dio, tuttavia, assicura giustizia e pace!
Non viviamo in un mondo perfetto, ma confidiamo nel Suo piano

Non tutti affrontiamo le stesse prove. Alcuni vivono agiatamente, altri soffrono o muoiono giovani. La vita non è “giusta” in termini di esperienze uguali, ma è perfetta per la nostra crescita individuale. Dio non elimina sempre i problemi, ma ci dà risorse, risposte e conforto per superarli.
Ad esempio, la famiglia di Lehi nel deserto non venne salvata dal cammino, ma venne rafforzata per sopportare e ricevere i mezzi per andare avanti.
Il mondo non è perfetto perché è progettato per aiutarci a diventare saggi, compassionevoli e forti attraverso le nostre esperienze. Ogni prova, ogni dolore ed ogni sfida ha uno scopo più grande: forgiare la luce di Cristo dentro di noi e avvicinarci a Lui.
Il nostro compito non è capire tutto adesso o vivere in un mondo perfetto, ma confidare e permettere a Dio di usare ogni situazione per il nostro bene eterno.
Fonte: masfe.org